scala umana 

​Alcuni autori hanno definito lo spazio architettonico come quello che partecipa al concetto di SCALA, proprietà che lo distingue dallo spazio geometrico, categoria peculiare del pensiero astratto. Per essi inoltre la SCALA è il rapporto dimensionale che le architetture stabiliscono con oggetti esterni, mentre il rapporto dimensionale  all’interno delle architetture fa capo al concetto di proporzione (vedi→ SCALA  ARCHITETTONICA) e, in quanto proporzionale, è riconducibile allo spazio geometrico.

L’irriducibilità di una scala dimensionale (SCALA UMANA) ad una scala proporzionale (SCALA ARCHITETTONICA) è la ragione dello scarso successo del tentativo di Le Corbusier di dare vita ad un sistema generale di misure. Vediamo invece per ora quali possono essere alcune implicazioni contenute nel concetto di SCALA UMANA

SCALA UMANA è un concetto che si origina dal rapporto dimensionale che elementi architettonici (o non) intrattengono con il corpo umano con i quali questo  entra fisicamente in contatto o comunque si confronta direttamente.

Essendo un rapporto reale (la dimensione del corpo umano varia di poco tra gli individui) può variare entro certi limiti, oltre i quali il rapporto perde o muta significato.

Il rapporto metrico che l’oggetto intrattiene con la dimensione reale del corpo umano ha implicazioni complesse che coinvolgono la percezione della materialità dei manufatti. Sarà  utile chiarire questo punto considerando opere scultoree che rappresentano la figura umana quali per esempio nell’arte occidentale si sono formati dalla statuaria greca in poi. Spesso la Statua mostra dimensioni riferibili alle misure reali del corpo umano, (oppure leggermente maggiori, ma questo è conseguenza probabile della distanza con il manufatto alla quale l’osservatore è costretto). (Auriga di Delfi, innumerevoli rappresentazioni di Venere o Apollo, atleti, ecc)

In tali condizioni di prossimità dimensionale il rapporto empatico è totale, tal che della statua è immediato apprezzare in pieno la materialità, non solo delle membra nude, ma anche dei panneggi e degli attributi accessori.

Se rispetto a questa equivalenza la dimensione della statua diminuisca anche di poco, tale rapporto si perde: la figura scade immediatamente in oggetto, Idolo, rappresentazione metaforica del corpo, rispetto al quale il rapporto è puramente mentale. ( p.es. Apollo di Piombino),

Se poi ci spostiamo nella direzione dimensionale opposta, verso la rappresentazione del Colosso avviene lo stesso fenomeno, ma ci dobbiamo allontanare di più dalle dimensioni reali, forse per la ragione di natura visiva alla quale abbiamo accennato, per cui la perdita della materialità e della identificazione fisica avviene gradualmente ma non si perde mai. Laocoonte Vaticano, Poseidon di Capo Artemisio, ecc.

A questa si sostituisce man mano una percezione mentale: il corpo umano diviene il corpo mitico della divinità, metafora dell’umano ma da esso ben distinta

 (Atena Parthenos, Giove Olimpico, Polifemo di Sperlonga, Ercole Farnese, ecc).

Man mano che la dimensione cresce il corpo umano rappresentato perde gli attributi di naturalità, si smaterializza come corpo e nella statuaria colossale si assimila a elemento dell’architettura . (Prigioni Daci del foro di Nerva, su su fino alla dimensione smisurate del Faro di Alessandria).

Si evidenzia così come attraverso il variare dimensionale della rappresentazione si ha una diversa relazione fisica di immedesimazione del corpo di chi percepisce in un’oggetto esterno, in altre parole ad una rappresentazione prossima alla SCALA UMANA si ottiene un effetto di empatia, effetto che viene perso quando  la dimensione si allontana da quella del corpo umano.

La relazione che abbiamo descritto tra individuo osservatore e rappresentazione plastica del corpo umano nella statuaria è simile a quella che si ha sostituendo alla statua elementi architettonici e spazi con i quali il corpo umano entra fisicamente in contatto.  Un gradino, una balaustra, una finestra, una porta, un piano svolgono un ruolo fondamentale nella percezione degli spazi architettonici. Se quelli sono commensurati alla dimensione del suo corpo si manifesta quell’effetto di empatia di cui si è detto, altrimenti  si genera una reazione di estraneità fisica (il che non esclude, anzi spesso esalta altre forme di immedesimazione  non fisiche: vedi→SCALA ARCHITETTONICA) . Quando la dimensione di questi elementi viene estesa al limite o oltre la possibilità di uso essi assumono significato metaforico. Gli alti gradini dello stilobate del tempio greco, fuori misura per l’uso, intendono sottolineare la separazione tra lo spazio sacro e l’intorno naturale. Ogni forzatura dimensionale nel rapporto con il corpo umano e il suo usare l’edificio tende a spostare sul piano simbolico- metaforico quella fruizione.

All’altro estremo della scala dimensionale il Modello miniatura dell’oggetto architettonico, escludendo nettamente ogni rapporto di SCALA, rappresenta solo i rapporti dimensionali interni dell’oggetto, ossia i suoi valori proporzionali, perde ogni valore di spazio architettonico e entra nel campo dello spazio astratto-geometrico.

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