muro

In prima istanza MURO è entità fisica che possiede  sue proprie caratteristiche di materia, forma colore ecc. che come in ogni entità plastica rappresentano tensioni, rapporti di scala, variazioni di densità.  Ma è anche entità di separazione fisica dei luoghi  esterno/interno, dentro/fuori, più in generale “al di qua /al di là”, ai fini della delimitazione e individuazione di essi. In quanto interfaccia tra i due luoghi che esso separa, (al di qua e al di là di esso) rispecchia  e ripropone le loro qualità, È elemento perciò di connessione tra loro, sia in forma reale (aperture  e interruzioni di continuità), sia in forma metaforica, mediante quelle articolazioni della sua superficie che proiettano in un luogo alcune qualità dell’altro. La sua qualità architettonica è compresa entro questa opposizione tra separazione fisica, (occultamento) e continuità-proiezione (esibizione) di un luogo nell’altro.

A Roma i muri  delle fabbriche antiche caratterizzati dalla omogeneità della massa cementizia e del laterizio, vengono interpretati già dal primo cinquecento come modelli di spiccata plasticità e divengono materiale duttile a rappresentare quella dualità di separazione e continuità di cui si è detto. I palazzi romani dal rinascimento al barocco costituiscono un insieme che ben si presta a analizzarne le caratteristiche  e l’evoluzione storica.

Una facciata di palazzo romano, dal palazzo della Cancelleria fino agli ultimi esempi barocchi, anche grazie alla dualità muro/intelaiatura mostra il rapporto metaforico tra l’esterno, il luogo della città in cui si trova e l’interno, la struttura formale dell’organismo e l’ordinamento delle sue parti.

In facciata si manifestano i segni della struttura interna, le cornici marcano la divisione in piani, lesene e semicolonne sono metafore dei muri strutturali e della divisione delle sale che si trovano all’interno, in una complessa sintassi che proietta nel bassorilievo della facciata la profondità del volume. Similmente  elementi dello spazio della città, in particolare degli spazi più vicini (vedi→ LUOGO/CAMPO), si proiettano sulla facciata in elementi quali portici, ingressi, loggiati e altane.

La facciata di palazzo, in quanto elemento in sé compiuto è in grado di rappresentare il volume intero, con il suo peso, le sue tensioni (vedi→ PESO), per esempio la diversa densità dei diversi livelli, la resistenza del piano murario ad essere bucato dalle finestre che così vengono accentate in edicole , ecc.

l’interscambio esterno/interno passa inoltre per il concetto di SCALA  (vedi→SCALA DELL’EDIFICIO). Sotto questo aspetto acquista rilevanza quanto dello spazio della città si proietta sulla superficie del palazzo. Questo si trova  in un (vedi→) CAMPO che influisce sulle scelte dimensionali a varie scale da quella dell’area antistante a quella della zona urbana a quella della città. Ma anche la scala dell’interno si proietta sul muro di facciata: l’inserimento in facciata di un ordine gigante può rispondere a una metafora fisica o simbolico-rappresentativa sia al contesto urbano che a presentare in facciata un salone di rappresentanza che si vuole mettere in risalto.

La sintassi modernista del novecento come rifiuta il naturalismo della forma-volume, così annulla il muro- diaframma sensibile agli spazi che separa: esso sparisce nella trasparenza delle pareti vetrate, oppure si fa piano astratto tendenzialmente indefinito (Mies), o, al limite acquista una sua autonomia plastica che prelude ai futuri sviluppi (Le Corbusier, Ronchamp).

Negli sviluppi postmoderni, in opposizione apparente al diffondersi di stilemi classicisti il MURO recupera da una parte l’autonomia dagli spazi adiacenti, divenendo ora elemento terzo tra i due luoghi, e perdendo ogni relazione con  elementi intrinseci dim essi. È ora il momento in cui il MURO acquista autonomia rappresentativa, divenendo esso stesso figura in sè: abbiamo il muro-maschera  di Silvetti e la dualità Duck/Decorated shed di Venturi.

Infine la casistica contemporanea si allarga includendo tutti i significati e le forme dei periodi precedenti, tali da scoraggiare una definizione tendenzialmente univoca. Il MURO oggi si smaterializza completamente in un leggerissimo traliccio, pura indicazione di una sua collocazione a filo con gli altri edifici della strada ottocentesca( Nouvel, Fondation Cartier ,Paris 1994), oppure diviene diafano e ambiguo limite (Zumthor, museo a Bregenz, 1998).

Nel tempo attuale attraverso un generale avvicinamento dell’edificio a organismo complesso e multiforme esso attinge spesso alla enorme varietà delle forme biologiche,assimila tecnologie che reagiscono al variare delle condizioni ambientali, quasi pelle di un organismo vivente (Ito, Mediateca, Sendai, 2001, Nouvel, IMA, Paris 1982.

Spesso si separa dal volume dell’edificio, divenendo contenitore esso stesso di edifici (vedi→SPOSTAMENTI E ROVESCIAMENTI SEMANTICI)

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